L’Unico Vero Buon Pastore
In varie occasioni Gesù si è proclamato il Buon Pastore e ci sembra del tutto appropriato, pensando alla sua infinita bontà. Doveva invece suonare quanto meno sorprendente agli orecchi dei suoi ascoltatori, abituati, sulla scorta dei profeti e dei salmi, a considerare Dio come pastore del suo popolo: dichiarandosi il pastore, automaticamente Gesù si proclamava Dio. Risulta chiaro anche dal brano evangelico odierno (Giovanni 10,27-30) in cui dichiara: “Io e il Padre siamo una cosa sola”. Con le parole seguenti, poi, egli spiega che significa essere pastore: “Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e nessuno le strapperà dalla mia mano”. Parole illuminanti: quelle “pecore” di cui Gesù è il pastore non sono una massa incosciente che si muove per istinto, ma persone consapevoli e libere, che decidono di prestare ascolto e dare fiducia a quella voce, tanto da seguirla; Questa è la meta, cui il Buon Pastore guida chi gli presta ascolto. Senza dimenticare che il Buon Pastore è e resta sempre lui, anche se egli ha dato incarico ad altri uomini di svolgere qui in terra questo compito: “Pasci i miei agnelli, pasci le mie pecorelle”, ha detto a Pietro e tramite lui ai suoi successori e collaboratori. Egli ha chiamato e continua a chiamare uomini a svolgere questo compito, ed è importante che i chiamati non restino sordi alla sua voce; per questo, come ogni anno la quarta domenica di Pasqua, detta del Buon Pastore, è anche la giornata di preghiera per le vocazioni.
(Mons. Roberto Brunelli)